TM2021
Una città decide di partecipare al concorso per diventare Capitale Europea della Cultura.
Già di per sé, il solo titolo mette soggezione.
Ma la Città ha un passato importante, è stata la fautrice di un movimento che ha permesso l’accensione di un fuoco che ha bruciato quasi cinquant’anni di un odioso regime. Ma è anche la Città che ha rappresentato, sempre inconsapevolmente, il successo economico di una Nazione intera.
Dico inconsapevolmente perché ho vissuto gli anni Novanta e l’inizio dei duemila vivendo in quella Città e, con nozione di causa, confermo che nessuna volontà politica, intellettuale e, soprattutto amministrativa ha contribuito a tale successo, anzi.
Si è trattato di uno di quei casi dove le ‘cose’ devono accadere e accadono, nonostante tutto.
Così è stato anche a Timisoara.
Burocrati, politici, benpensanti si sono visti letteralmente rovesciare addosso gli effetti di una necessità altrui godendone gli effetti ma non riuscendo a capitalizzare tale opportunità in qualcosa che permettesse alla Città stessa di ergersi a simbolo conclamato di qualcosa di più duraturo e riconoscibile di una semplice scintilla generata da un accidentale evento.
Tanti, tantissimi approfittatori, piccoli e grandi approfittatori. Gente che aveva capito, sin dal buio del regime, come sbarcare il lunario, non ha atteso un secondo per mettere a frutto l’indubbio vantaggio generato dagli illeciti precedenti, per approfittare del vortice in atto.
Un lato oscuro, soprattutto culturalmente e intellettualmente di questa Città, dove, come nella maggior parte del mondo accade, hanno prevalso i conti in banca ai libri letti e studiati, alcune volte amati.
Ma ecco l’idea, forse anche questa dettata dalla possibilità di appropriarsi di qualcosa in maniera indebita, è un’illazione ma dati i precedenti non facilmente confutabile, di partecipare al rinomato concorso.
La cultura, questa amorfa entità di cui tutti si fregiano, ha un difetto, costa.
Costa in tutti i sensi, costa in fatica e privazioni.
Costa in anni di studi e di tentativi.
Costa in diversità, spesso pagata con il pubblico ludibrio per essere diversi dal gregge, e costa soldi, tanti soldi.
Tutti questi costi hanno un ritorno che è difficilmente quantificabile secondo i normali canoni economici, ma ‘regala’ qualcosa che, altrimenti, sarebbe impossibile ottenere, il riconoscimento.
Ma se ci sono da spendere così tanti soldi, soprattutto per pagare le fatiche che i costi di prima richiedono, allora questo vuol dire che dei soldi ci devono essere da qualche parte.
La Città che riceve il titolo se è in grado di organizzarsi e prepararsi per offrire la migliore immagine di sé, godrà per anni di quell’importantissimo riconoscimento e, questa volta sì, ne otterrà un ritorno indiretto grazie al desiderio di tanti di godere di quel successo e di fruirne i frutti.
Ma prima di arrivare a quel punto si devono superare alcuni importanti ostacoli.
Prima di tutto occorre preparare un progetto che permetta di vincere il titolo, ne vengono messi in palio solamente due o tre ogni anno.
Poi occorre scegliere e preparare tutta la squadra che si occuperà dell’implementazione degli eventi, perché saranno centinaia se non migliaia, che saranno svolti nell’arco degli anni che vanno dall’assegnazione del titolo alla fine dell’anno di fruizione del titolo proprio detto.
Poi, dopo il fatidico anno dell’onore, si deve riuscire a capitalizzare gli sforzi e gli investimenti profusi, continuando un’attività nei decenni a venire perché, l’onore e l’ònere di essere stata Capitale culturale europea continui a profondere benefici tangibili alla vita dei cittadini e di tutti coloro i quali desiderano continuare a godere del frutto di cotanto lavoro.
Ma qui cominciano i problemi, occorre scegliere le persone giuste e, per scegliere le persone giuste occorre, prima di tutto, aver ben chiaro lo scopo che si vuole raggiungere e, in gran parte, i sacrifici e gli impegni che si devono affrontare per far sì che il tutto possa avverarsi.
Diciamo che dopo alcuni fallimenti, dopo aver scelto due o tre persone sbagliate sia per competenze che per capacità, si arrivi a ingaggiare una persona che per carattere, preparazione, ottimismo e determinazione riesce a costruire una squadra capace di scrivere un progetto che può aspirare a concorrere con altre Città europee e sperare di piazzarsi tra quelle che potrebbero vincere il titolo.
Il titolo viene vinto.
L’eccitazione e l’euforia sono ai massimi livelli, ma i detrattori, quelli che sono sempre dietro l’angolo e che per qualunque attività si svolga sostengono e urlano allo scandalo, apparentemente battuti dalla vittoria, adesso puntano ad accaparrarsi qualche posto all’interno dell’organizzazione vincente.
Ma questi non sono i soli che aspirano, adesso sì, ad entrare nell’organizzazione, ci sono anche quelli che hanno letto il budget finanziario e, senza ben capire i meccanismi, sono rimasti affascinati dalla lettura della cifra finale che, dovrebbe, essere messa a disposizione all’associazione vincitrice per poter permettere alla Città (non all’associazione) di raggiungere i risultati proposti e, per cui le persone che hanno preparato e vinto il concorso, si sono impegnate moralmente, personalmente e socialmente. Loro hanno letto oltre quaranta milioni di euro, questo è sufficiente per irretire i soliti sciacalli mal pensanti e frustrati per alimentare i loro blog, letti da pochissimi, e le loro frustrazioni, note a tutti, per cercare di appropriarsi del timone dell’associazione per poter pilotare quel ben di dio di denaro che sta per essere riversato a fiumi nelle casse dell’associazione.
Adesso che il gioco non è più un gioco, non si può lasciare il tutto in mano a persone che non fanno parte del “sistema” e che non sono conosciute quali capaci roditori.
No, non è possibile, non è ammissibile.
Se da un lato si iniziano a delineare i presupposti che porteranno la direzione dell’associazione a spendere enormi energie nel tentativo di sedare inutili battibecchi, dall’altro la mancanza totale di visione e di capacità organizzativo finanziaria dell’amministrazione cittadina, renderà ancora più complicato e arduo tutto il periodo di preparazione all’anno del titolo. Il sindaco, intriso di un non meglio definito piacere di sé, lanciato alla conquista del titolo del miglior sindaco del mondo mai esistito, dilapida le casse della florida città, avviando mega progetti milionari attingendo alle sole casse locali, senza preparare progetti di finanziamento sostenibili dalle forze europee e, ben presto, si trova con le casse vuote.
Ma se c’era una condizione perché il titolo venga concesso era quella che la Città si impegni a finanziare la maggior parte delle attività dell’associazione.
No soldi, no titolo. Semplice.
Ma non è così semplice dichiararlo e, una situazione del genere presta il fianco ai delatori di prima che, ben sapendo qual è la ragione di un palese e dichiarato momento di difficoltà, approfittano per imputare tutte le più scellerate colpe in testa a chi doveva fare e non fa, rea di incompetenza, pochissima trasparenza, interessi privati e chi più ne ha più ne metta. Non ha nessuna rilevanza, nelle loro pubbliche accuse scagliate con una violenza verbale e una cattiveria al limite del sadismo, che il problema principe risiede da un’altra parte. Non ha nessuna rilevanza che l’amministrazione pubblica cittadina non ha nemmeno la più elementare idea di come risolvere le problematiche legate alla mobilità, ai parcheggi, agli alloggi, all’ordine pubblico di una città che sarà letteralmente invasa da milioni di presenze, di nuove presenze nel corso di quell’anno fatidico.
Tutto questo è ininfluente dato che è solo colpa di una persona, chi ha avuto il coraggio e la sfrontatezza, dopo aver portato il titolo a casa, di voler continuare a rimanere in gioco.
A complicare i giochi anche piccole ma fastidiose isterie di chi avrebbe dovuto aiutare dall’interno, scelto per le sue competenze e la sua radice europea, ma anche questa è un’altra colpa di chi dirige l’associazione. Questo individuo, visibilmente frustrato e disturbato dal proprio essere misogino, dopo aver tentato in tutti modi di far desistere chi non ha avuto mai nessuna volontà di desistere, ha raccolto tutte le sue ire, alcune generate dalle incapacità gestionali degli amministratori locali ma altre decisamente gratuite, in un commiato pubblico che, com’era prevedibile ha scatenato un altro putiferio, di cui, sicuramente, non ce n’era bisogno. E, indovinate, anche di questo è colpevole la responsabile dell’Associazione: “doveva assumere un uomo di Timisoara non uno straniero”. “Lo ha scelto lei quindi è colpevole perché è incompetente”. “Lo ha scelto perché le serve per fare carriera a Bruxelles” e via di seguito. Ma siccome tutti questi assiomi hanno anche degli aspetti che si prestano a degli spunti, si auspica che chi deve possa usarli per chiarire quello che deve essere chiarito non ai delatori, ma alla città.
Ho lavorato molti anni in industrie, anche di dimensioni considerevoli, e so molto bene che tipo di difficoltà si incontrano nel vivere la realizzazione di progetti di qualunque natura e dimensione essi siano. Anche nella mia vita professionale ho incontrato delatori, sciacalli, semplici invidiosi o stupidi (forse i peggiori) ma ho sempre avuto l’opportunità, senza ricorrere a giochi di bassa spezza, di chiarire, risolvere e raggiungere gli scopi. Per cui mi metto nei panni di chi sta vivendo una situazione che, nel complesso, è molto più difficile di tutte le situazioni che ho affrontato io, dato che nel caso di TM2021, non c’è di fatto un semplice consiglio di amministrazione a cui rispondere, non c’è un semplice “profit&lost” di cui avere cura, ma c’è in gioco il nome di una Città intera, di un’intera comunità che, inconsapevolmente accetta “verità” solo perché urlate più forte da qualcuno che ha sempre e solo fatto questo nella vita.
Se non fosse vero sarebbe comico, carreggiale.
Nel frattempo, la città comincia a vedere sempre più logo sugli autobus e sui tram.
Si avviano sempre più attività nel centro della città e nelle sue periferie.
Il filo conduttore del progetto che ha portato Timisoara a essere nominata Capitale Culturale è la “Luce”. Luce in tutti i suoi aspetti ma soprattutto quell’elemento illuminante delle coscienze e della visione che il cittadino dovrebbe avere del proprio modo in cui vivere la sua società e le società che lo circondano.
Piccoli ma interessanti eventi che iniziano a dare il senso a tanto lavoro, spesso, ripeto, troppo spesso interrotto da inutili e futili questioni.
Mi permetto di formulare un’ipotesi.
La città, i cittadini tutti si rendono conto e consapevoli che il loro nome, il loro futuro e la loro qualità della vita dipende, anche, dal successo di questa Associazione.
Loro, i cittadini, quindi anch’io, ci uniamo in un unico coro, in un unico membro il quale vuole sapere, vuole essere implicato e sa, si coinvolge, partecipa. Un coro che inneggia a un nuovo sistema di intendere la società, dove chi non segue le regole, sicuramente pagherà le conseguenze, dove i servizi pubblici sono e hanno il valore che costano, dove la sicurezza di vivere protetti si sposa con il piacere di seguire i programmi culturali accessibili a qualunque età e da qualunque tasca. Dove chi propone e guida gli eventi è continuamente monitorato da un cane da guardia fedele ma inesorabile nelle sue inchieste giornalistiche, assicurando ai fruitori di questo vitale servizio, un quadro sempre cristallino, veritiero e, soprattutto onesto. Base questa per formare e costruire le coscienze di ognuno ma, une su tutti quelle delle nuove generazioni che continueranno a cementare i valori di etica e di moralità sia nel settore privato che nella gestione res pubblica con il massimo dell’abnegazione possibile, fedeli a quel giuramento che vede come altare il simulacro della Patria e della Comunità della quale, detta Patria è parte.
La corruzione, il malaffare e le mafie sono un ricordo del passato. Episodi ancora e sempre analizzati nei laboratori scolastici quali momenti oscuri di una società che, soprattutto grazie alla cultura diffusa e distribuita a man bassa da avvenimenti quali la ‘Capitale Europea della Cultura’ hanno saputo rifondere non solo speranza e futuro, ma annegare nell’oblio della vergogna anche il più infimo dei tentativi di frodare il prossimo, non importa di quanto, come e chi.
La cultura ha vinto, ha saputo rendere tutti capaci di vedere il sogno, migliorato e staccato dalla misoginia, peccato originale, della democrazia greca. È riuscita a rendere palese la necessità di incaricare il capace e di istruire l’incapace al fine di conoscere i limiti e le capacità di tutti a servire l’intera comunità. Ha dispensato il desiderio, recepito da tutti e trasformato in volontà, di partecipare sempre e comunque alla vita pubblica del proprio palazzo, quartiere, città, regione, nazione, mondo, riconoscendo quali essenziali ed imprescindibili i doveri di salvaguardia dell’ambiente visto come rispetto verso sé stessi e il prossimo senza esclusione di azioni o accettazione di eccezioni.
Tutti riconoscono che le diatribe basate su questioni che, nel passato sono state solo pretesti per accusare qualcuno al solo fine di esautorarlo per poter godere dei suoi benefici, sono peccati che portano con sé la perdita di uno dei beni più preziosi di cui l’uomo abbia mai disposto, il tempo. Tempo che per definizione è limitato e non può essere sprecato per rispondere a malefici oscuri e degradanti tranelli, ma dev’essere investito nella continua ricerca delle soluzioni per migliorare la vita di tutti senza se e senza ma.
Tutto questo grazie alla ‘Capitale Culturale Europea della Cultura’? No, di certo no, ma sicuramente, queste iniziative rendono un servizio immenso grazie alla possibilità che regalano, di vedere, stringere nuovi rapporti al di là dei soliti cliché, radici di nazionalismi e fanatismi che, oggi, dovrebbero essere solo anacronistici. Righe oscure riportate nei libri di storia.
Non sarebbe difficile, se tutti avessero un minimo di buon senso, se la stampa avesse le radici nell’etica e nella continua ricerca del vero e se la società aborrisse l’idea che ricco vuol dire giusto.
Forse questo è solo un sogno, forse l’umanità non utilizzerà mai neppure il più piccolo dei tasselli che costituiscono il mondo che ho appena ipotizzato. Forse parole come etica, onore, onestà rimarranno solo una inutile e scomoda macchia nera nelle pagine dei dizionari, buone solo per essere pronunciate ai funerali di qualche morto ammazzato o all’inaugurazione di qualche nuova attività finanziata dalla collettività, costata almeno dieci volte il suo valore per soddisfare l’ingordigia di una pletora di persone che, benché elette, assecondate dall’assordate silenzio degli stessi elettori, affondano i loro sporchi artigli nel bene di tutti, sottraendo importanti risorse a chi ne avrà realmente bisogno, eliminando l’unica flebile speranza di essere veramente aiutato.
Gianluca Testa