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24/04/2010

Unimpresa Timis

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dsc_3110Per curiosità, dato che dopo anni d’uso linguistico promiscuo avrei potuto confondere, o quanto meno, dimenticare il significato di alcune parole, ho speso qualche minuto per ricercare il significato della seguente parola:
– Rappresentante
Nel “Grande dizionario della lingua Italiana” Hoepli troviamo i seguenti significati:
– Rappresentante: “che rende noto qualcosa, percepibile” – “che simboleggia qualcosa”
Adesso trasliamo alle recenti elezioni che hanno visto il consiglio direttivo di Unimpresa Timis rieletto, anche se sarebbe meglio dire eletto, dato che dalla sua costituzione queste sono state le prime elezioni pubbliche.
Ma perchè parlo di Unimpresa? Ne parlo perchè ho un profondo senso di vergogna per quello che è accaduto, per le persone che sono state “elette” e, soprattutto per il contrasto tra il termine di cui sopra abbiamo approfondito il significato, e coloro i quali “rappresentano” la comunità italiana che ha deciso, consapevolmente ed inconsapevolmente, di dare vita e linfa a questa associazione.
Nelle mie parole di amarezza e, lo confesso, anche un po’ di contenuta rabbia, dato che sono uno dei soci fondatori di Unimpresa Romania, associazione nata dalle radici di “Fundatia” ed alimentata dal desiderio dei più di dare vita ad un’associazione realmente rappresentativa e capace di promulgare, condividere ed alimentare i segni distintivi della nostra classe imprenditoriale, agevolando la proliferazione dell’italiano pensiero in una nazione, la Romania, dove ahimè, il timbro del “maccaronaro” è ben più radicato che qualunque altro marchio italiano. In virtù ed in nome di tale desiderio, forse un po’ naive, ma decisamente radicato e condiviso dai più che hanno dato vita all’associazione, ho lavorato e mi sono speso per raggiungere dei risultati che potessero servire anche ai miei colleghi associati e non. L’apoteosi è stata raggiunta, quando grazie a non pochi sacrifici e difficili intrecci politici ho fattivamente contribuito, con l’aiuto di alcuni improbabili colleghi, al tempo Presidenti di due delle più importanti organizzazioni Sindacali rumene, a ridurre da diciassette giorni a cinque la base contributiva delle aziende sui giorni di malattia dei propri dipendenti. Questo episodio, sconosciuto ai più, ha permesso di ridurre sensibilmente, dodici giorni di contribuzioni che sono passati allo Stato, i costi di tutte le aziende, italiane e non. Oltre a questo eclatante esempio, ve ne sono stati molti altri, forse di minore impatto economico, ma sicuramente di alto contenuto intrinseco, votato ad elevare, anche se di poco alla volta, l’immagine dell’impreditore italiano, promuovendelo da “banditello maccaronaro allupato” a piccolo, medio, grande impreditore.
Oggi, per tornare al mio sconforto arrabbiato, questa entità, mutata e mutilata delle più elementari nozioni di base, rappresenta il mondo impreditoriale italiano dell’Ovest rumeno con persone sconosciute, prive di storia imprenditoriale, assolutamente non rappresentative, anzi espressione di quel malcostume ed attitudine faccendiera che hanno portato la nostra comunità ad essere appellata “maccaronara”.
Noi dov’eravamo? Si, è vero, dobbiamo anche evitare di entrare nel qualunquismo, noi, quasi tutti noi non c’eravamo. Noi, io, gli altri che avrebbero titolo per rappresentare, si sono trincerati nel disgusto generato dall’ignoranza e bassezza di molti degli usurpatori del titolo di rappresentanti, presidenti, che approfittando del vuoto creato dalla crescente ed irrefrenabile sensazione di disgusto, generata dalla miserrima capacità di non osservare lo Statuto, le Regole con la sfrontatezza e l’arroganza di chi è forte perchè attorniato da acclamante gente ancora più inetta, protetta dalle nobili regole della democrazia, mutilata dall’assenza dei nauseati, si sono appropriati di titoli di “Presidente”, “Vice Presidente”,”Consigliere” in poche parole di “Rappresentante”.
Qualcuno ha resistito, forse per errore, nel coacerbo di tracotanta miseria, ma, a ragion veduta, pur potento approfittare delle dimisssioni in diretta, poi a ragione ritirate, altri ha subitamente rifiutato l’onta del ripescaggio. L’unica persona che avrebbe avuto, che di fatto ha i titoli di rappresentare qualcuno, per base culturale e titoli imprenditoriali, ritirando le dimissioni, pro forma non accolte nella convinzione, a torto, che l’orgoglio avrebbe prevalso sull’opportunità, ha lasciato aperto uno spiraglio per coloro i quali, bruscamente svegliatisi dal letargo qualunquista della mancanza di tempo ammantato dal disgusto della miseria delle questioni affrontate e dal modo di condurre le attività dell’Associazione, adesso sentono il bisogno di prendere in mano una lancia, non per spezzarla in favore ma per scagliarla contro questo indicibile collettivo, cozzaglia di nessuno bisognoso di appartenere a qualcosa per soddisfare le proprie frustrazioni di non essere, per lo più, nemmeno nobili sconosciuti.
E’ arrivato il momento di non permettere più a costoro di giocare con il nostro pensiero di associazione. E’ arrivato il momento di non permettere a nessuno di erigersi a rappresentante di qualcun altro che, ha tutti i motivi e le ragioni di essere imbufalito da una simile situazione.
Cenere sul capo per l’assenteismo causa di tale sfacelo, cenere e vergogna, consapevoli che un solo minuto di autocommiserazione è stato sufficiente. Adesso passiamo ai fatti.
Gianluca Testa

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18/11/2009

Dalla padella alla brace?

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Dalla Padella alla braceQuasi per caso, dopo un periodo alquanto lungo di volontario disinteresse, alimentato dall’amara sensazione di disagio e di velata vergogna generata dalle azioni, fatti e misfatti, del nostro rappresentante in Timișoara, da qualche giorno ci troviamo al cospetto di una novità. Il motore consolare ha ripreso a funzionare, almeno così appare dallo scambio di corrispondenza elettronica inneggiante alla necessità di riunirsi sotto un unico ombrello tricolore esortando la necessità di abbandonare rancori di datata memoria, nel tentativo di rendere coeso un gruppo che gruppo non è quasi mai stato. Il tono dei messaggi è lontano dall’essere diplomatico. Sembra più di qualunque altra cosa il tentativo, scocciato e poco convinto, di una maestrina al cospetto di alunni indisciplinati, ignoranti e maleducati. Forma a parte, anche se viene difficile dimenticarsi da che pulpito provenga il messaggio, ci viene da chiedere perché adesso e perché in questa forma. Certo non ci è dato sapere il perché di tante cose, come per esempio del motivo per cui moltissimi di noi italiani siamo stati epurati dalle attività del Consolato Generale d’Italia, a meno di avvenimenti che non possono e non potevano essere nascosti, in quanto a tutti noti. Certo non ci è dato sapere del perché e del percome illustri personalità della Società Civile rumena, che hanno contribuito con il loro lavoro ed il loro impegno nel tentativo di dare un’immagine migliore non solo all’Italia bensì ai suoi Figli espatriati in quest’isola latina, non vengano nemmeno invitati a partecipare ad avvenimenti pubblici ed istituzionali. Certo non ci è dato da sapere il perché delle trasmissioni televisive al fianco di millantatori e bugiardi che con il loro operato hanno contribuito affinchè la carriera di uomini degni di nota fosse distrutta ed, indirettamente, ne sono certo, abbiano contribuito anche alla scomparsa di altre persone, una per tutte, Mariella, con le loro maldicenze, menzogne della più bassa spezza. Certo ci è impossibile sapere del perché, nonostante innumerevoli e dichiarate motivazioni siano state spedite all’indirizzo dell’Ambasciata circa il comportamento sicuramente non consono alla carica, il ben che nulla sia stato deciso. La storia passa tra un trascorso dove uomini capaci hanno cercato e sono riusciti a creare un’immagine di serietà e di credito all’indirizzo delle nostre Istituzioni sul territorio locale, alle dichiarazione di Titolari di Importanti Istituzioni locali che non vogliono nemmeno sentir parlare di quelli attualmente in carico. Ma, nonostante tutto, con uno stile a noi incomprensibile, nulla è cambiato, tranne per questo tentativo di sedare, appianare e pacificare persone che, dalla loro parte, hanno ben altri panni da lavare. La domanda sorge spontanea, perché? Forse la risposta sta in un annoso e penoso, lasciatemi aggiungere, caso, quello del Centro Culturale Italiano. La disputa è di lunga durata, ma di fatto i termini sono semplici e facilmente comprensibili. Alcuni di noi non hanno accettato l’idea ed il principio che un Centro Culturale riconosciuto a livello istituzionale fosse una società a responsabilità limitata. Tutto qui. Quello che si cercava di ottenere era semplicemente un’associazione no profit dove la partecipazione di tutti fosse aperta, dove fosse possibile convogliare fondi per poi reindirizzarli verso attività culturali e caritatevoli, finalizzate al miglioramento e mantenimento della nostra immagine di Italiani in Romania. Non era un problema di persone, non era un problema di invidie ne tanto meno di rancori. Oggi, ci troviamo con un centro accreditato che di fatto è una società a responsabilità limitata, con tanto di statuto, bilanci ed oggetto sociale, ma soprattutto con lo scopo di generare profitto. Ovviamente parliamo di profitto economico e non il profitto di un’immagine comune. I richiami dei delfini dal Capo della nostra istituzione servivano a questo probabilmente, permettere al sommo di chiudere una delle tante pendenze rimaste non ascoltate per anni, sin dal precedente Ambasciatore.

Se di questo si tratta, ed abbiamo ragione di crederlo, possiamo solamente essere velatamente speranzosi che qualcosa, di fatto stia accadendo. Forse le voci di una sostituzione non sono poi così infondate? Non ci resta che sperare di non essere in una padella.

Viva l’Italia.

Memo Rivolsi