Spazio Italia - Radio Timisoara

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19/08/2016

Retezat 3

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Ma tra il dire ed il fare c’e’ di mezzo il mare, in quel caso la dogana, o meglio, i doganieri di Petea.
Il cambio turno duro’ oltre un’ora ed anche i miei connazionali, visibilmente avvezzi all’indolenza dei funzionari di stato rumeni, iniziarono a spazientirsi. Ma in loro c’era una sorta di umore completamente illeggibile, per lo meno ai miei occhi di “verginello”. In realta’ il bagagliaio della loro macchina era colmo di pezzi di ricambio ed attrezzature per i quali non avevano nessuna intenzione di effettuare le pratiche per l’importazione legale. Oramai, anche se avessero voluto farla, non avrebbero potuto ed sarebbero incappati nella confisca dei beni ed in una, ben piu’ pesante, sanzione penale. Per cui, nonostante l’impazienza e la stanchezza forgiasse un’incalzante rabbia, la calma appariva la sola padrona dei loro sguardi. Come previsto il doganiere, aprendo il passaorto di uno dei due italiani, fece cadere, neanche senza molta cura, delle banconote di dollari sul tavolo al quale si era sistemato da qualche minuto, all’interno della sua garritta e, con un fare da vero professionista, ma non prima di aver preteso anche una stecca di sigarette, li lascio’ passare senza nemmeno siorare con lo sguardo il bagagliaio della Mercedes 200 targata italiana.
La mia prima dogana rumena fu diversa.
Avevo, su avvertimento dei due connazionali, apposto il visto sul mio passaporto. Era costato sessanta dollari. E l’uffico preposto ai visti era una baracca che sfidava le leggi della fisica per rimanere in piede, all’interno della quale c’era una splendida creatura. Una donna sulla trentina, con capelli rossi rame, pettinati in modo impeccabile, delle mani curatissime ed un trucco, forse un po’ pesante, ma che metteva in risalto dei lineamenti decisamente favolosi. Unica nota stonata lo sguardo. Non avevo mai visto in vita mia, uno sguardo cosi’ carico di tristezza, di rassegnazione e di angoscia messi insieme. Non disse una parola, non mosse un muscolo del viso, solo le mani e quelle spendide dita affusolate, mossero rapidamente l’aria circostante. Mi lascio’ una profinda sensazione di angoscia e di pena.
Per molto tempo ripensai a quello sguardo. Non la rividi piu’, anche se passai moltissime volte da quella dogana prima di decidere di cambiare strada ed entrare in Romania da Bors. Chissa’ che fine ha fatto quela donna e perche’ era cosi’ triste, cosi’ angosciata. Certo che quello sguardo lo rividi in moltissime altre persone, non solo donne. Era una sorta di rassegnazione che avvolgeva la vita di tantissimi rumeni, Come se, nonostante la liberta’ guadagnata, si rendessero conto, giorno dopo giorno, che, in fondo, la liberta’ senza futuro, non valeva nulla. Molti avevano frainteso il significato di democrazia. La voglia, il desiderio di liberta’ era sfociato, in molte persone, in una sorta di anarchia costituzionale. “Io faccio quello che voglio perche’ sono libero”. Allora tutto era permesso, tutto era possibile. Etica e morale appartenevano solo ai mentecatti, agli stupidi. C’era una Nazione da depredare, piena di finite ma immense risorse, dove ognuno che ne aveva la possibilita’, nel suo piccolo o grande spazio di manovra, poteva, quasi impunemente, appropriarsi di quello che voleva. Bastava non pestare i piedi ad un “animale” piu’ forte. Una sorta di legge della giungla che, dagli anni novanta ad oggi, ha permesso a pochi di diventare multi milionari in euro a tanti di crearsi un orticello da difendere, spesso, dalla magistratura e dal fisco.
Dal mio passaporto era chiaro che era l aprima volta che mettevo piede in Romania. Viaggiavo solo. La mia automobile era una Golf, nulla di che, ma era nuova fiammante, di un bordeaux molto piacevole. Pochi bagagli, nessuna scatola od attrezzatura nel bagagliaio. Solo tre mila dolloari nel portafoglio. Tutti i documenti in regole, nulla per poter giustificare una richiesta di denaro o di cose. Ma non esisteva che qualcuno oltrepassasse quel “guado” senza lasciare un obolo. Caronte non traghetta per nulla. Quel doganiere non era piu’ giovane ne’ piu’ anziano di me. Aveva uno stomaco talmente pronunciato che doveva rimanere ad un metro di distanza dal suo interlocutore per non toccarlo. La sua divisa era macchiata di sudore ed emanava un olezzo corrispondente al numero delle settimane o dei mesi trascorsi dall’ultima volta che era stata lavata. Barba incolta, mezza sigaretta in bocca e scarpe sporche oltre che consumate dal tempo e dall’incuria.
Inizio’ a tergiversare in maniera ostentativa, palpegiando il mio passaporto come se volesse farmi intendere che aveva scoperto qualcosa di molto grave che non andava bene. Quella pantomima durava, oramai da troppo tempo. Presi dalla mia macchina una scatola di mezzi toscani e, porgendogliela nella mano mi ripresi, senza tanti complimenti, il mio passaporto. Il doganiere era stato il secondo pubblico ufficile rumeno che aveva maneggiato il mio passaporto. Il primo era stato un poliziotto di frontiera, che, ad onor del vero, velocemente e senza induci, aveva apposto un paio di timbri per comprovare il mio ingresso in Romania ed un altro timbro che indicava con che automobile, indicando debitamente il numero di targa, ero entrato. Il doganiere non fece nessuna dimostrazione negativa. Semplicemente apri’ il pacchetto dei mezzi toscani, ne odoro’ il profumo e, soddisfatto del suo bottino, rientro’ nella garritta in attesa della prossima vittima.
Era tardi, tra un controllo un’attesa ed una perdita di tempo, erano gia’ passate le undici di sera. Non avevo la benche’ minima idea di dove dormire, sapevo solo che Satu mare sarebbe stata la mia destinazione per quella sera. Il buio delle strade era totale. La carreggiata aveva una vaghissima idea di essere stata asfaltata in un lontano passato. Il numero delle buche era impressionante e non esisteva nessuna linea di marcatura sull’asfalto.
Dopo un ponte, meno male che procedevo con molta cautela, iniziava un’interminabile fila di automobili. Stavano tutte in coda per riempire i serbatoti di benzina. Erano tutte Dacia 1310, una versione della Renault 11, che i francesi avevao venduto a Ciausescu molti anni prima. I rumeni, durante il comunismo, dovevano pagare in anticipo, integralmente il valore dell’automobile, per riceverla un paio di anni piu’ tardi. Era un sistema normale, comunemente accettato dai piu’, ma con le sue brave eccezioni. Esistevano le raccomandazioni, le conoscenze, gli uomini di partito e cosi’ via e chi non aveva nessun santo in paradiso, aspettava e basta. Non avevo molte informazioni di quanto fosse accaduto negli anni del comunismo rumeno, ne avrei apprese giorno per giorno sia dai racconti delle persone che avrei conosciuto, sia da quanto avrei visto con i mei occhi ad iniziare da quei pochi chilometri che avavo iniziato a percorrere all’inizio della mia grande avventura rumena.
Continua…

Pensieri politici

12/08/2012

Tra Itaila e Romania

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Ebbene si, m’è alquanto difficile decidere se scrivere della Romania o dell’Italia. In un modo o nell’altro, forse in Italia tutto avviene in maniera più, come dire, evoluta, le situazioni si eguagliano. La differenza, perchè una c’è, riguarda l’inesperienza dell’arrrogante potere che contiua a credere, nonostante oltre ventanni di passato trascorso dal regime, che basti il comando, il potere per poter fare quello che si vuole.
In fondo, se ci pensiamo bene, è quello che molti dei nostri ospiti continuano a pensare. Il pensiero, a differenza della nostra madre patria, è che qui basta che credi di avere qualcosa, anche se non hai nulla, o forse solo debiti, che ti permetti quello che vuoi, in termini di arroganza e usurpazione della libertà altrui.
In Italia è un po’ diverso, non perchè siamo più intelligenti o capaci, ma solamente perchè abbiamo già vissuto la fase dell’arroganza del campagnolo che veniva in centro con la macchina “tonata” con lo stereo a tutto volume e con le catene d’oro al collo. Qui, purtroppo servirà ancora del tempo per permettere alla società civile, che esiste veramente, di emarginare la tracotanza e l’ignoranza del villico, che nulla ha a che vedere con il villico di latina memoria.
Bene, dopo questa doverosa precisazione, riporto il fuoco sulla questione, diciamo così, latina. La Romania, anzi, l’attuale potere è in una fase asfittica. Bacchettato dalla sovrana Europa, che non si può permettere, oltre alle problematiche legate dall’angonizzante economia, una sferzata di ingiustificato autoritarismo di stampo comunista, in uno dei suoi Stati membri e da un numero imprecisato di autoreti, è alle strette.
Certo il momento è delicato. LIste elettrali contraffatte, voti inesistenti con percentuali, in alcuni paesi, spesso feudo di potentati della coalizione, che hanno superato l’800%, orcini contradddittori e menzone a tutto spiano per giustificare quello che, onestamente non è giustificabile. Sembra incredibile, ma quello che appare da tutto questo, quello che si può leggere da queste righe è sempre la stessa formula. “Noi ci facciamo che ma in realtà facciamo quello che vogliamo!”.
Ma quanto potrà resistere questa situazione? Queste persone credono veramente che il popolo che li sta sopportando possa resistere ancora per molto?
Poi, c’è il problema dell’economia. E’ sì, questa ha bisogno di azioni perentorie, decise, clare e ragionate. Dove sono queste azioni? E’ stato perso un sacco di tempo nel tentativo di mettere da parte un Capo dello Stato scomodo e non è stato fatto nulla, assolutamente nulla per un Paese che ha bisogno di tutto, ma non di un governo inesistente.
La responsabilità di tutto questo, può essere solamente politica?
Per me sarebbe troppo comodo. I disastri provocati da certe persone sono talmente gravi e duraturi che superano di gran lunga le conseguenze dei peggiori crimini.
Ed in Italia?
Bhe da noi la storia è sempre più evidente. La scollatura tra il potere politico e la gente è definitiva.
Qui non si trattadi Grillo o di chissà chi, il problema è che non è possibile accettare in continuazione lo sfacelo in cui ci hanno fatto sprofondare. Com’è possibile, in un momento di crisi profonda, dove le famiglie italiane non hanno quasi più i soldi per arrivare, veramente alla fine del mese, acquistare non so quanti aerei da combattimento per oltre dodici miliradi di euro. 12.000.000.000 euro. Ma vi rendete conto di quanti sono?
La mia esperienza mi dice che tali cifre sono perfette per nascondere ingenti tangenti. Daltronde come si fa a rubare tanto se si spende poco?
Ma oltre alla spesa ed alla sicura tangente che nasconde, pensiamo anche ai costi collaterali. Quanto consuma un aggeggo del genere? Di quanta manutenzione ha bisogno e chi più ne ha più ne metta.
Non parliamo poi dell’attacco ai magistrati che si sono rivoltati al sistema. Attenzione non alla democrazia ed allo Stato, ma al sistema partitico corrotto che ha deciso, a scapito ed in barba a qualsiasi principio democratico e sociale, di scendere a patti con la Mafia. Ne ha cancellato la maggior parte delle pene, ha sciolto dal 41bis moltissimi bos mafiosi rei di efferati delitti e crimini contro lo Stato. Ha infangato la memoria degli uomini delle scorte morti, trucidati per difendere gente come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e migliaia di altre degnissime persone, che non erano e non sono eroi, sono persone normali, erano persone normali. Persone che desideravano vivere in un mondo, in un’Italia dove la certezza del diritto fosse la regola di base, intangibile e impescrivibile.
Uomini trucidati con la chiara colpevolezza di alcuni personaggi, sicuramente parte dello Stati, che hanno dovuto o vuluto fermarli. Questi uomini devono essere banditi, devono essere incarcerati e messi al pubblico ludribio per sempre. I loro beni devono essere sequestrati e redistribuiti alla società che per anni li ha sopportati e che continua a sopportare le conseguenze delle loro fetide azioni.
Lo scollamento è completo, ma il rischio è che qualcuno possa, in qualche maniera, cercare di cavalcare il momento. Forse per questo, oltre al fatto che quello maneggiato e rimaneggiato non gli garantisce un’immonutà completa, che B. vuole tornare in campo.
La povertà è una brutta situazione, non solo per il fatto in se stesso, ma perchè permette a pochi di manipolare le masse, brandendo bandiere populiste con colori accesi ma prive di una realtà raggiungibile. Il rischio è presente come non mai, forse più in Italia che in Romania, dato che da noi si sa come mascherare le porcate, con la dote dell’eloquenza e dell’oratoria. Poi, in tutti questi anni di potere, la faccia tosta supplisce eventuali lacune.
Proviamo ad evitare il oro colpo di reni, che, ne sono sicuro, sarà inevitabile, ricordandoci di tutto, ma di proprio tutto. Per esempio non dimenticatevi del nostro Presidente della Repubblica quando esaltava l’operato dell’Unine Sovietica quando mandò i carri armati a Praga…meditate.
Gianluca Testa

Pensieri politici,Spazio Italia - Radio Timisoara

23/02/2012

Genio.

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Traian Basescu

Sono sincero, non avrei immaginato la mossa del Presidente Basescu nemmeno se avessi cercato di sfrozarmi. Stavo semlicemente considerando la pochezza delle azioni dell’opposizione – si fa per dire – e giudicavo patetico lo sforzo di pochissimi adepti alla pseudo coalizione di opposizione, guardando, con una certa nota di fastidio, al trambusto, pressocchè inutile, creato a puri scopi populistici. Mai mi sarei aspettato una contro mossa, a dir poco geniale, del Presidente della Romania. Sacrifica il Governo Boc, per insediare un altro Governo, sempre di suo gradimento ed impossibile da criticare, fruttando, come una volpe madre sa fare, l’occasione prestatagli da un cumulo di inetti oppositori.
Un grande, non c’è che dire.
Oltre al fatto che è riuscito, unico più che raro esempio in Europa, a contenere realmente la spesa pubblica, dopo essere riuscito, appoggiando il Governatore della Banca Centrale Rumena, ad evitare perdite dolorose al sistema bancario, ha anche potuto arginare un problema sociale che, se avesse optato per il licenziamento delle masse statali inutili, avrebbe sicuramente creato.
Non ci sono tante cose da dire a parte il fatto che, così operando, è riuscito a portare la Romania, fatto più unico che raro, a prevedere per il 2012 un prodotto interno lordo positivo rispetto all’anno precedente. Questo, oltre al fatto che si stanno attuando, anche se con molta fatica, lotte contro la corruzione, rende ancora più credibile il suo Paese, al punto di riuscire a muovere nuovi investimenti, anche se non colossali, dentro le mura di casa. Il problema dell’apparato statale corrotto ed inetto, che spesso è peggio dell’essere semplicemente corrotto, probabilmente vanifiherà una parte importante degli sforzi dell’attuale esecutivo, ma permetterà, sicuramente, di creare uno strato di consenso, necessario per poter attuare ulteriori riforme strutturali. Forse è una delle pochissime volte che, nonostante una quasi non sradicabile sensazione di nausea, dettata dalle movenze delle autorità locali, sento che ci potrebbe essere una via d’uscita onorevole anche per la Romania. Questa sensazione, se aggiunta alla consapevolezza che la maggior parte della popolazone rumena, anche se colpevolissima di qualunquismo congenito, è composta da brave persone, capaci e, soprattutto profondamente educate, mi porta a rivedere, anche se solo parzialmente, i miei nefasti intenti di fuga. Rimane la considerazione, amara per di più, che l’apatia politica del popolo tutto, sta rendendo la rinascita del Paese non solo lenta, ma anche a rischio di fallimento. Sarebbe molto semlice riappropriarsi dei propri diritti, considerazione che non può non crescere un senso di rabbia, malamente soffocato. Se solo qualcuno scuotesse la propria persona dal limbo limaccioso del “non mi interessa”, allora le cose potrebbero funzionare molto, ma molto meglio.
Gianluca Testa