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01/03/2011

Rivoluzioni spa

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Neve al sole

Neve al sole

Come neve al sole si stanno sciogliendo le dittature che da oltre trenta anni soggiogavano la quasi totalità delle nazioni che si affacciano sul nostro Mediterraneo.
Triste è il costo in sangue che è stato pagato da persone che, quasi anacronisticamente, secondo le nostre “democratiche” percezioni, hanno lottato per il loro ideale.
Terribile è il silenzio che è succeduto al bacio dell’anello ed agli atti di giuniflessione dettati da vili e meschini, quanto lucrativi, disegni economici.
Adesso ci si aspetterebbe un momento di stasi che dovrebbe preecedere un ulteriore momento di assestamento del potere che, sopito e soggiogato da decenni di forza, desidera venire allo scoperto. Qualunque esso sia, questo potere ,dovrà confrontarsi con il degrado morale ed economico in cui versano la maggior parte di queste Nazioni. Forse e senza tanti forse, ci sono già molti consigli di amministrazione di molte multinazionali che stanno già pregustando il sapore di altri anni di attività a basso costo nelle nascenti, si spera, democrazie. Di sicuro, per quegli uomini e quelle donne che sono scesi in piazza sfidando, in molti casi, cecchini e mercenari, visto che la maggior parte delle volte l’esercito non ha risposto agli ordini di massacro impartiti da nefandi morituri terrorizzati dall’inesorabile destino, adesso stanno festeggiando. In Egitto, nemmeno dopo una settimana dalla detronizzazione, è il caso di dirlo, del presidente, era già festa. Festeggiamenti che dovrebbero, comunque non perdere di vista il senso di quello che è stato raggiunto come obiettivo, fermando sul nascere quelle strumentalizzazioni, locali, esterne, oppure semplicemente ed atrocemente combinate, che tenteranno sicuramente di giovare del vantaggio della confuzsione che, in questo momento e per alcuni giorni o settimane, imperverserà nelle aree liberate.
Questo è solo l’augurio che il consenso popolare abbia la possibilità di generare consensi per coloro i quali onoreranno la memoria dei martiri con delle Costituzioni che rispettino la dignità di tutti, che rispettino l’uomo in quanto individuo e non perchè appartenente a qualcosa.
Gianluca Testa

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09/05/2009

Sempre di più!

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E’ risaputo che se vogliamo aumentare la base dei nostri clienti, in un sistema economico governato dalle regole della libera concorrenza, dobbiamo offrire prodotti qualitativamente validi che rispondono anche a canoni di costi adeguati al prodotto ed alla fascia di utenti a cui ci vogliamo rivolgere. Adesso proviamo ad esercitarci, per qualche minuto, a paragonare i servizi dello Stato, ed i suoi relativi costi, ai prodotti che una qualunque azienda potrebbe immettere nel circuito commerciale di un qualsiasi mercato. Consentitemi di elìdere la realtà che lo Stato ragiona in regime di monopolio, accettando la tesi, difficile da negare tra l’altro, che nessuno è obbligato a vivere ed a svolgere le proprie attività in uno Stato particolare se non lo vuole. Tutti, almeno nel caso dell’Europa, sono liberi di muoversi, insediarsiin un’altra Nazione e di intraprendere una qualsiasi attività, mantenendo fede alle regole imposte dalla Nazione scelta, ovviamente.

Premesso questo, alla luce delle novità fiscali rumene, tra le quali annoveriamo l’imposta sul fatturato, l’indeducibilità dei carburanti e nuove gabelle, alle quali, sicuramente se ne stanno pensando di nuove (speriamo che l’Ungheria con la sua IVA al 25% non sia un esempio per i governanti autoctoni), desideriamo creare il confronto. Quali sono i vantaggi che una qualunque attività imprenditoriale può senza dubbio beneficiare dall’essere residente in Romania? Se pensiamo alle attività produttive, possiamo elencare solo alcuni problemi, tra i quali:

Quasi totale assenza di infrastrutture.

Elevato costo dei terreni commerciali / Industriali.

Elevatissima burocrazia, tempi lunghi di risposta per le autorizzazioni, costi elevati.

Costo del personale gravato da imposte indirette elevate.

Basso grado di specializzazione del personale disponibile.

Mancanza quasi assoluta di managers locali.

Sistema sanitario accondiscendente e connivente con la pratica dell’assenteismo.

Corruzione dei pubblici uffciali e legislazione estremamente punitiva.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma allora, quali sono i motivi per cui molte aziende si sono trasferite con le loro attività produttive in Romania?

Il primo motivo, a parte quelle aziende che si sono mosse prima del 2000, incredibile a dirsi, motivi specifici a parte, sono stati il “si dice”. Mi spiego meglio. Dal 2000 in poi, tutti, almeno in Italia, sapevano che la manodopera in Romania era a bassissimo costo. Penna alla mano, costo di un dipendente in Italia, uno sguardo alla legislazione della Penisola, ed il delta giustifcava tutte le mancanze di pianificazione, preparazione che avrebbero generato disastri economici successivamente. Quindi, sull’onda del “si dice” un’organizzazione padronale italiana importante, nel 2001, organizzava l’apertura dell’anno produttivo a Timisoara. Questo evento ha, ovviamente, amplificato il volume del “si dice”.

Chi, come me, al tempo era da anni insediati nel territorio, sapeva che poco, pochissimo di quello che luccicava era oro, anzi. Noi sapevameo benissimo che cosa significava produrre qui, combattere con le inefficienze, la bassissima qualità, la mancanza quasi assoluta del senso della responsabilità delle maestranze, anche se, in alcuni casi, il comportamento degli imprenditori Italiani e dei loro tecnici, era esecrabile, per cui, in un certo senso, giustificava la reazione operaia. Tutti questi elementi portavano, nella migliore delle ipotesi, e con scarsissime eccezioni, a dover supplire raddoppiando, ed in alcuni casi e momenti, addirittura triplicando il numero dei dipendenti per poter riempire le linee di produzione. Dico riempire, perchè un continuo avvicendamento tra le maestranze, non poteva sicuramente produrre effetti positivi, vista la condizione esplosiva generata dal combinare inesperienza, disinteresse e spesso, malafede. Con il tempo, ed in particolare nel 2007, dopo l’ingresso della Romania nella Comunità Europea, le cose sono addirittura peggiorate.

Non si può negare che uomini liberi e dotati di buona volontà abbiano avuto tutte le migliori ragioni per cercare un posto di lavoro all’estero, meglio pagato, ma non si può certo dimenticare, che nessuna delle aziende già presenti sul territorio rumeno, avrebbe potuto moltiplicare per due o per quattro i salari al tempo pagati. I conti devono essere rapportati al mercato. Inoltre, la Romania, se fino alle soglie del 2005 aveva offerto una sorta di compensatore indiretto, ma efficace con una continua e misurata svalutazione del Leo che di fatto, promuoveva dei benefici effetti di cassa, anche se non di bilancio, dal 2005 fino a quasi tutto il 2008, ha offerto uno scenario terrorizzante. La rivalutazione del Leo, un po’ indotta dall’effetto delle rimesse degli emigranti Rumeni, e molto da manovre dell’incomprensibile Banca Nazionale, ha “regalato” perdite reali che hanno superato abbondantemente il venti percento. Valore che in moltissimi casi ha di gran lunga azzerato i profitti di moltissime imprese. Oltre al danno la beffa, si aggiungevano le imposte sulle differenze cambi. (Questo dei cambi è un meccanismo perverso che si innesca quando un’azienda registra dei debiti in valuta che hanno una scadenza più lunga degli incassi. In caso di un Leo svalutato, produce un effetto negativo a livello contabile ma positivo a livello finanziario, mentre in caso di rivalutazione esattamente il contrario.) Risultato di tutto questo, un esodo irrefrenabile delle masse, una concorrenza spesso non basata su nessun piano economico e strategico, che vedeva personale muoversi da un’azienda all’altra anche due, tre volte al mese. Un vero e proprio scenario di terrore. In queste condizioni, moltissime aziende, soprattutto quelle che si sono trasferite in Romania nel tentativo di migliorare la marginalità dei propri conti economici, oberati, se non oppressi, da altre aziende ben più grandi di loro che con la loro politica commerciale aggressiva e volta al profitto a tutti i costi, avevano, negli anni precedenti, azzerato quasi completamente i profitti dei loro terzisti, si sono viste costrette a chiudere velocemente la propria attività, spesso vanificando sforzi decisamente impegnativi e costosi. Quelli che sono rimasti hanno cercato di contenere le perdite riducendo ai minimi termini qualsiasi tipo di investimento, cercando in maniera più o meno ortodossa, di aumentare le efficienze e di diminuire drasticamente le perdite derivanti dalla scarsa qualità, elevatissimo assenteismo, incuranza e quasi completa mancanza di quel senso della responsabilità che dovrebbe essere ìnsito in qualunque dipendente che ha compreso che il suo operato è una parte importante se non, in alcuni casi, fondamentale per mantenere, non solo l’azienda per cui lavora, a livelli competitivi necessari per mantenere o guadagnare nuove quote di mercato, ma anche, se non soprattutto, per garantire a tutti i colleghi che con esso condividono la stessa sorte lavorativa, una continuità che altro non permetterà se non la garanzia, quasi completa, che il loro posto di lavoro sia presente anche nel tempo futuro.

Dopo queste considerazioni, frutto di anni di lavoro svolti in un ambiente quasi sempre molto difficile ed ostile, ritorniamo velocemente alla considerazione ed alla domanda che sta alla base di questo articolo. Qual’è il motivo per cui imprenditori, commercianti, investitori rimangano in questo Paese? come può pensare attuale governo Boc di garantire un gettito fiscale costante alle ormai esigue finanze dello Stato rumeno se l’unica cosa che riesce a pensare è quella di torchiare, mungere fino a quasi l’inverosimile, quelle aziende che hanno avuto il coraggio o l’impossibilità di lasciare questo Paese? purtroppo noi vediamo un aumento degli eventi negativi legati alla crisi che sta flagellando la comunità internazionale. Se non si abbandonano i proclami, i comizi elettorali, spesso demagogici e privi di contenuti che abbia una qualche attinenza con la realtà economica che il paese sta vivendo, se non si cancellano una volta per tutte, in modo serio, programmato, le “agevolazioni” per pochi, se non si comincia a combattere, con una politica penale fiscale seria e soprattutto applicabili a tutti finalizzata all’azzeramento della corruzione e del malcostume, se non si inizia veramente un processo di rinnovamento culturale, allora sono propenso a pensare che gli scenari sociali ipotizzati da qualcuno, ed ambientati in questo momento economico, dove sempre più persone appartenenti quasi solamente al basso e medio ceto sociale, gravate da debiti incautamente accesi nei momenti in cui l’euforia di facili guadagni aveva drogato le aspettative di quasi tutti, prendano forma e si materializzino in agitazioni di massa che non danno nessuna speranza di riuscire ad avere in breve tempo una realtà economica e sociale stabile, che offra finalmente uno scenario sul quale poter costruire e sviluppare nuove attività che siano basate, questa volta, su un’idea di sviluppo e di benessere e non solamente su veloci speculazioni, spesso di bassissimo livello.

È chiaro che lo scenario sopra descritto è solamente un velocissimo ed impreciso resoconto di quanto è accaduto fino ad oggi. Lungi da me pensare e credere di possedere la verità di quanto è accaduto e di detenere la capacità di prevedere quello che accadrà. Sono solo un attore di quello che è stato vissuto fino adesso, e la mia voce, le mie parole sono rivolte a tutti coloro i quali credono che ci sia una possibilità per migliorare lo stato attuale delle cose.

Gianluca Testa