LE TRANSLUCIDE DINAMICHE DEI COLORI DI PREDA, CONQUISTANO IL “GRISELINI MASTER”
La pandemia ha reso l’umanità come una tribù assisa in attesa del Giudizio Universale. In questo stato di indolente attesa, mercoledì 28 aprile, si è indetta la II edizione del premio Master Griselini e tagliato il nastro per i lavori di ripristino del cortile del Museo Nazionale di Arte offerti da Confindustria Romania e l’associazione culturale Fucina Italica Francesco Griselini. Posta la targhetta “ Corte Griselini” in questo ora accogliente spazio concordato col Museo per promuovere cultura dalla sorgente italiana, si è indetta la II edizione del premio Master Griselini. Un timido passo (anche simbolico), una speranza riposta in questo tempo maledetto, per riappropriarci della nostra vita, di quella realtà e quelle esperienze che ci sono consuete e perché la paura non prevalga ma possa trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire.
Seppur giovane, la quiddità, di questa eccellenza, è un gioco che oramai si conosce: mettere in luce quello che con una terminologia evocativa sono considerati i talenti. „Griselini Master” oltre a un aiuto materiale importante, vuole essere un punto di riferimento per riconoscere le giovani eccellenze nella sfera umanistica, un riconoscimento professionale e un incoraggiamento per continuare il percorso professionale. Il premio è stato consegnato al giovane artista Silviu Preda, dal Magnifico Rettore dell’Università de Vest, Marilen Pirtea.
Le testate di moda, ci insegnano che ognuno ha i propri gusti e le proprie inclinazioni, che tutti possiamo scegliere cosa indossare e chi essere, che nell’espressione di sé le barriere e i divieti non esistono, ma tutto è versatile, malleabile.
Per comprendere lo spirito “carioca” che si cela dietro i lavori di Preda Pavel Silviu, bisogna calarsi nell’atmosfera degli anni ‘60 con la Trash culture Andy Warhol, negli eccessi stravaganti degli anni ’80 con la neo-pop Niclas Castello e dell’arte contemporanea, dell’“l’enfant terrible” Damien Hirst.
Con ritmo veloce che seduce, Preda viaggia su una linea sottile tra sense of humor garbato e una sensibilità poetica. Seguendo il flusso biologico dell’attrazione e del trasporto, Preda inventa, plasma, trasforma senza possibilità di controllo. Il suo “trash” è la proclamazione di una assoluta libertà di espressione. Raccolte in un ideale cassonetto “le cose peggiori prodotte dal mercato”, contro il pregiudizio estetico di bello/brutto, i suoi affreschi fotografici trovano la libertà anche laddove sembra esserci solo coercizione.
Ispirate alle tendenze delle pubblicità commerciali del momento, le sue figure diventano un variopinto e colorato teatro in cui i soggetti rappresentati, sembrano recitare una parte che mescola realtà e finzione. Per necessità iconologica, i due sessi qui non sono divisi o contrapposti. Legate al gender e all’identità, mi viene in mente il tagliente stile innovativo degli anni ‘70 e ‘80 effigiati al meglio con i provocatori travestimenti di Grace Jones.
Come in una glabrescente mutazione, qui la mascolinità di Adamo nella separazione di Eva, si fa androgina. La sfacciata esibizione di colori e di gratificazioni narcisistiche, sottolinea il bisogno di libertà, lo sdoppiamento, l’esistenza di differenti identità e dell’alterità.
Dal provocatorio segno stilistico dallo spirito “carioca” espresso attraverso l’assolutezza del colore, con i lavori in bianco-nero, Preda cerca di rinascere da un passato ingombrante e di circondarsi di immagini nuove, prive di angosce esistenziali. L’operazione che sta dietro al mondo figurativo atonale, è quella di raccontare il corpo, come centro di tutto il suo universo. Attraverso la sua venerazione per i corpi, i soggetti omoerotici (indifferentemente maschili o femminili), sono trasportati in un territorio squisitamente formale della classicità che ricordano in grande fotografo Robert Mapplethorpe e, snellite di un secolo, i suoi lavori in bianco-nero potrebbero ricondurci anche ai “ ragazzi di Von Gloeden”, il fotografo barone che con i suoi modelli scarsamente vestiti in stato sognante, con i quali affascinò personaggi come Oscar Wilde, Richard Strauss l’imperatore tedesco Guglielmo II.
La sua filosofia si può riassumere così: se ti piace, grazie. Se non ti piace, mi dispiace. Goditelo comunque.
Enrico Primo Cannata