Default?
Moltissimi di noi non hanno mai sentito parlare di “default” e, come al solito, tutto in una volta, veniamo inondati da migliaia di notizie che correndo una sull’altra spesso ci confondono.
Default tecnicamente significa impossibilità di onorare gli interessi ed il rimborso del capitale a suo tempo ricevuto, diciamo, in prestito. Esistono due tipi di default, ma il concetto base è che l’entità in gioco non ha più le capacità di onorare i propri impegni. Fino a qualche tempo fa lo si chiamava fallimento e riguardava le società private. Oggi, dopo un’escalation incredibile di eventi, le cui radici vanno ricercate in molte direzioni ma principalmente in una sola ragione, consumismo ad ogni costo per sostenere il nostro modello capitalistico, si inizia a parlare di default di intere nazioni.
La questione più eclatante ed allo stesso tempo, terrorizzante, risiede nel nome di una di queste Nazioni, gli Stati Uniti d’America. Passare dalla convinzione che solo le società mal gestite o quelle che hanno commesso errori madornali di gestione e di amministrazione potessero entrare in default, in fallimento appunto, al fatto che gli Stati Uniti d’America stanno lottando politicamente, per evitare questa situazione, è a dir poco sconcertante. Ma se il fallimento colpisce le società che non si sono sapute amministrare e che hanno condotto politiche commerciali e gestionali fuori luogo e sconsiderate, questo significa che alla stregua di tale assioma si trova anche l’America?
Le cause di tale situazione, come ho detto sono innumerevoli e, sicuramente, la crisi innescata dalla ingordigia e dal banditismo di pochi, ha avuto un ruolo di acceleratore del processo di degenerazione economica che è stato innescato dall’erronea considerazione che il modello capitalistico è il modello e che avrebbe potuto resistere all’infinito. Ma le conseguenze di tale situazione, sia che Obama riesca a convincere il suo Parlamento ad innalzare i valori per “abbellire” i bilanci americani e permettere di fatto di risolvere la situazione spostandone, dico io, le conseguenze ad un periodo diverso, saranno inimmaginabili. Il trambusto valutario ed economico è alla portata di tutti. L’oro è ritornato a sfiorare i 1625 dollari per oncia e, sicuramente, crescerà ancora. Le borse vengono abbandonate dagli investitori ed alcune valute si apprezzano sconsideratamente rispetto ad altre notoriamente stabili a diretto vantaggio di pochi speculatori e diretto nocumento di intere popolazioni.
Equilibri in movimento veloce, dove ritrovare una statica è complesso se non impossibile. Noi non possiamo adattare le nostre scelte alla velocità che le situazioni ci impongono, l’inerzia del meccanismo e della nostra stessa natura ci impongono uno scontro violento con le realtà in fase di preparazione, dopo il quale ci troveremo a ricostruire, meglio dire a costruire un nuovo modello che dovrebbe tenere conto degli errori del passato, anche se questo, purtroppo è pura utopia, dato che alla distruzione, qualunque essa sia e comunque essa avvenga, segue sempre un periodo di puro caos.
Il sentimento di paura e di ignoto ci porterà a commettere errori ancora maggiori, aumenterà la sfiducia già elevata e genererà un complesso ritiro dall’intraprendere con conseguente costrizione della domanda. Una sorta di circolo vizioso, dove la sensazione di disagio e di sconforto muove il destino del mondo.
Certo che seguiremo con dovuta attenzione quanto accadrà nei prossimi giorni in America, ma qualunque sia la soluzione che verrà adottata, dovremo almeno sforzarci di pensare seriamente a rivedere i nostri modelli, anche i più apparentemente insignificanti.
Gianluca Testa