Retezat 22
“Ciao Walter, si sono tornato. In effetti volevo fermarmi a salutarti quando sono passato davanti la tua azienda, ma ho preferito telefonarti adesso per non disturbarti, magari ci si vede questa sera. Ti ho portato delle leccornie dall’Italia.” Francamente speravo che mi dicesse di fermarmi a cena a casa sua. Telefonandogli avvertendolo che avevo delle bontà da consegnargli, lo avevo praticamente costretto ad invitarmi a cena, ma, per quel poco che conoscevo Walter, non mi preoccupavo che se la prendesse a male, anzi. Gli italiani a Zalau in quel periodo erano pochissimi e gli stanziali erano ancora meno. Chi andava in quella città lo faceva perché era seriamente interessato a combinare qualcosa. Non offriva praticamente nulla oltre alle opportunità per sviluppare qualche attività produttiva, fatta eccezione, ovviamente, per l’incredibile quantità di bellezze che potevi incontrare a quasi ogni angolo della strada. Il cosiddetto turismo sessuale apparteneva per lo più a citta maggiori, quelle come Zalau, decisamente più piccole, non offrivano quell’opportunità quale risorsa quasi principale, anche se, volendo, le opportunità non sarebbero mancate. Avrei visto decine e decine di imprenditori italiani rovinarsi a causa della maestria di moltissime stupende ragazze di sbarcare il lunario e, soprattutto, alla stupidaggine degli stessi che, invaghiti oltre misura, avrebbero lasciato nelle mani de quelle ragazze, i destini delle loro aziende.
Avevo ancora l’immagine dell’eccitazione di Emil e Calin nel constatare che avevo mantenuto la mia parola. Il computer era sulla loro scrivania. Prima di partire, a casa mia, avevo installato Windows ed una serie di programmi che ero solito usare fra i quali un data base, DbIII ed un suo compilatore dedicato, il mitico Clipper. Con questi due strumenti avevo continuato ad approfondire le mie conoscenze informatiche e, lavorando, spesso, giorno e notte, mi ero potuto togliere delle piccole soddisfazioni, creando dei software che avrebbero aiutato, non solo la mia attività ma anche quella di altre persone. I miei nuovi conoscenti rumeni erano ancora un po’ reticenti, ma io non capivo bene per quale motivo. “Ma tu Walter, mi puoi spiegare perché? Se io avessi ricevuto un regalo del genere, nel contesto che conosci, sarei praticamente impazzito di gioia, invece, loro, anche se era chiaro che erano impazienti di poter usare il computer e che, nonostante tutto, rimanevano decisamente increduli e piuttosto freddi.” Walter accendendosi una sigaretta, dopo aver terminato di cenare una buona parte delle leccornie che avevo portato, con un fare quasi paterno “non credono che tu abbia potuto regalare loro qualcosa, figuriamoci un computer. Qui tutto è stato ed è ancora, motivo di contrattazione, di commercio. Appena inizierai a parlare ed a capire il rumeno, ti renderai conto, che il termine maggiormente usato da tutti è bani, soldi. La domanda che loro si stanno facendo in questo momento è ‘quanto ci costerà questo computer?’” Era vero che avevo intenzione di chiedere a Calin di aiutarmi nella gestione della contabilità della mia nascente azienda, ma ero anche deciso ad offrire a loro il dieci percento della stessa società e, questo, non solo per cointeressarli nell’attività ma anche, se non soprattutto, per permettergli di guadagnare da quella nascente opportunità. Non esisteva un solo altro motivo che mi aveva spinto a forzare Paolo in Italia ad accettare quell’idea e non avevo il minimo dubbio che, nonostante non sarebbe stato facile, la mia iniziativa sarebbe stata un successo.
“Walter, vado a riposare, domani devo costituire la mia società e non ho idea di cosa e quanto tempo dovrò impiegare in questa avventura.” Walter, accendendosi un’altra sigaretta “Ma senti una cosa, perché non ne prendi una già esistente? Conosco una tipa di Cluj che ne ha costituita una non molto tempo fa per avviare un’attività con degli italiani, ma che per vari motivi non ha più dato corso all’attività ed è rimasta con l’azienda senza nessuna attività. Non dovrebbe essere una cosa complicata controllare la poca contabilità che ha registrato e subentrare quali nuovi soci.” Di fatto l’idea non era malvagia. Lui mi avrebbe aiutato a controllare i dati contabili, ma avrei potuto chiederlo anche a Calin. MI sarei dovuto procurare un notaio, ma quel tempo i notai i Romania erano dipendenti dello Stato e si trovavano tutti all’interno dei tribunali. Versare il capitale sociale in banca e registrare le modifiche al Registro del Commercio. Si, in fondo non era un’idea malvagia. “Si, facciamolo, possiamo chiamare questa signora domani?” Non immaginavo che avrei potuto sbrigare quella faccenda in quella maniera, ma, quello che mi aveva proposto Walter era perfettamente logico e, soprattutto, mi avrebbe fatto risparmiare almeno due settimane di tempo, durante il quale avrei potuto avanzare la richiesta per ottenere un certificato di investitore, condizione necessaria per godere dei vantaggi che la legge offriva a quel tempo. Rimasi oltremodo sorpreso quando Walter, nonostante fossero già le nove passate, prese il telefono e chiamò Liana a Cluj-Napoca. “Ciao bella, come stai? Io bene, grazie, hai ancora quella società che avevi costituito per quei tipi italiani? Benissimo, senti ho qui un amico, una persona per bene, credimi, che la vorrebbe comprare a condizione che tu lo aiuti a trasformarla ed ottenere il certificato di investitore. Si, è un italiano. Benissimo, allora te lo passo così vi mettete d’accordo e domani stesso vi potete incontrare a Cluj per finalizzare quest’operazione.” Ero rimasto decisamente scioccato dalla velocità con la quale si stavano svolgendo quei fatti. Ero appena ritornato in Romania e, tecnicamente, avevo già in mano la mia prima società. Inoltre c’era qualcuno che mi avrebbe aiutato a percorrere tutti i passi per formalizzare il cambio societario e, soprattutto ad ottenere il certificato di Investitore. Tutto con una semplice telefonata. Cominciavo a credere che il detto dell’italiano che avevo incontrato alla dogana di Petea, fosse vero.
Rodica era rimasta tutta la sera ad ascoltare le nostre dissertazioni intervallate da piccoli aneddoti, più che altro, raccontati da Walter. Sembrava distratta, mentre, sono ancora convinto, che stesse pensando che lei era stata, per Walter, quello che lui, adesso, stava rappresentando per me. Era chiaro che aveva avuto e, continuava ad avere, benefici da quell’attività, ma era anche evidente che erano tutti meritati.
Si era fatto tardi. Avevo preso appuntamento per le dieci del mattino a Cluj-Napoca con Liana per capire, non solo che cosa avrei dovuto fare per acquisire la proprietà della società ma, anche, cosa mi sarebbe costato. Non avevo veramente bisogno di Laura per quell’operazione, ma oramai le avevo detto che sarei andata a prenderla a casa il mattino seguente, per cui decisi che l’avrei portata con me a Cluj-Napoca, in fondo, avrebbe potuto essere d’aiuto non solo per raggiungere la destinazione, ma anche per approfondire, un po’ di più, le mie conoscenze della Romania in generale e della mentalità rumena in particolare. Mi era chiaro che i cinquant’anni di comunismo, avevano forgiato mentalità e punti di vista completamente differenti dai miei. La gente aveva dovuto, chi più chi meno, lottare con i denti per appropriarsi di una certa posizione per godere di una sorta di certezza economica e sociale. Alcuni avevano scelto la strada più semplice, quella di assoggettarsi alle regole del partito divenendone parte integrante. Credo che solo pochi di loro, soprattutto negli ultimi decenni, che precedettero la caduta del muro di Berlino e, di conseguenza di tutto il sistema comunista del dopo guerra, fossero realmente convinti della bontà dell’ideologia. Ma questi pochi, rispetto alla popolazione, avevano rinunciato al rispetto di se stessi, quale prezzo per ottenere benefici che, il regime, garantiva a chi sosteneva, incondizionatamente, la perpetuazione delle idee del socialismo radicale. I privilegi che questi pochi erano riusciti a raggiungere erano inimmaginabili per la maggior parte del resto della popolazione che, più che altro, fantasticava sulle loro possibilità. Non era solamente un problema di sopravvivenza, non fino ad una decina di anni prima del dicembre del mille novecento ottantanove, bensì di appagamento degli istinti umani, liberati dalle regole comuni perché appartenente ad una classe specifica, quasi immune, garantita dalla semplice sudditanza ad un sistema governato da un pugno di uomini che erano stati capaci di progettare e costruire un sistema complicatissimo di controllo e di repressione.
Continua…