Retezat 19
Dal notaio avevamo costituito una società in accomandita semplice. Io ero il socio accomandatario. Il capitale sociale, venti milioni delle vecchie e, care, lire. Due milioni e cinquecento mila l’onorario del notaio. Evitai i commenti. Paolo era contento, anche perché non aveva nulla da perdere e che, per il momento, avevo anticipato io tutte le spese. Questo era il primo paso ufficiale che segnava il vero inizio della mia nuova vita.
Sapevo che avrei impegnato tutto me stesso, non ero convinto che lo stesso sarebbe stato il pensiero di Paolo, ma, io, volevo andare avanti, qualunque fossero le intenzioni degli altri. Era la mia sfida, era il mio progetto. Ce l’avrei fatta, ne ero sicuro. Il mio sogno era ancora indefinito, ma ne sentivo la forza, il potere e non potevo stare lontano.
“Emil, tu credi che possiamo fidarci di quell’italiano?” Erano passati solo un paio di giorni da quando ero partito da Zalau e le mie nuove conoscenze rumene, e loro non avevano mai smesso di porsi domande. Era importante per loro aver conosciuto qualcuno per avrebbe potuto ampliare le loro conoscenze, aprire, di fatto, una sorta di finestra sul mondo occidentale, su di un mondo che, loro, solo da pochissimo avevano avuto l’occasione di iniziare a conoscere. Per due ingegneri elettrotecnici che avevano studiato e si erano preparati durante il regime comunista, la caduta del muro aveva portato delle conoscenze che assomigliavano a delle novità fantascientifiche e loro erano affascinati da quelle novità, erano assetati di quelle novità. “Gianmaria ci ha promesso un computer.” Calin era molto scettico. “Sono convinto che non si dimenticherà. Ma ti rendi conto quante cose potremmo fare se avessimo un computer?” Emil era convinto che Gianmaria non li avrebbe presi in giro. Non sapeva perché, non aveva una ragione concreta, ma ne era convinto. Quell’italiano aveva qualcosa di speciale e non era solo il suo entusiasmo. Gli era chiaro che lui credesse veramente in quello che diceva. Quando era partito non aveva precisato quando sarebbe ritornato esattamente, ma anche questa imprecisione era frutto della sua buona fede. Era chiaro che avrebbe dovuto riorganizzare le idee, parlare con le persone che lo stavano aspettando e che avrebbero condiviso con lui quell’esperienza, per cui era più che plausibile che non avrebbe potuto essere preciso circa la data del rientro in Romania, ma non avrebbe lasciato passare troppo tempo, ne era sicuro.
Tra tutti quella più scettica era Diana. Lei aveva percepito del nervosismo in Giamaria, principalmente quando lo aveva visto accanto a Laura. Si, era vero che Laura non sembrava molto dedita al suo dovere, ma Gianmaria era stato un po’ troppo brusco in un paio di occasioni. In ogni caso se di un appunto si poteva parlare, questo era l’unico e, in fondo, non era gran ché, considerando che, tra le altre cose, Gianmaria aveva anche ragione. Lei non la sopportava per niente.
C’era da capire come organizzare il tutto. Dalla parte italiana dovevano preparare i documenti per poter agevolare e rendere il più veloce possibile, lo sdoganamento delle merci in Romania. Poi c’era la documentazione tecnica, che comprendeva, una fra tutte, le distinte basi dei materiali che componevano ogni quadro elettrico. “Mi fate vedere la documentazione dei prodotti per favore?” Le persone che lavoravano in amministrazione nell’azienda del Paolo erano le sue due figlie. Una era molto sveglia. “Non abbiamo delle vere e proprie distinte, noi scarichiamo i materiali, praticamente, quando facciamo l’inventario” Gianmaria era abituato a ragionare in termini di dati e di informazioni di bilancio, per cui quell’affermazione gli fece rizzare i capelli in testa. Come potevano tenere una gestione accurata dei materiali se li verificavano solamente una volta all’anno? C’era un detto del De Marco che recitava “quello che non misuri non puoi controllare.” Che in altri termini significava che se voi avere il controllo della tua azienda devi misurare i dati che la formano. L’azienda di Paolo era un semplice colabrodo, gestita a braccio, senza indicatori, senza previsioni. Unico termine di paragone e confronto la cassa che, ovviamente, non significava assolutamente nulla, dato che il saldo positivo in banca, sempre che ci fosse mai stato, poteva rappresentare solamente un minor debito da saldare.
“Va bene, vedo che dobbiamo creare qualcosa di nuovo se vogliamo iniziare a lavorare con la Romania.” Durante la sua visita a Zalau, aveva preso visione della documentazione necessaria per avviare un’attività in conto lavorazione. Questo significava che il materiale per poter costruire i quadri elettrici, non lo avrebbe acquistato la società rumena, che avrebbe costituito non appena fosse ritornato a Zalau, bensì lo stesso cliente che lo avrebbe spedito in Romania in conto lavorazione. Questa pratica, detta lhon presupponeva, dalla parte della società rumena, un registro analitico per ogni singolo componente, nel quale si sarebbe dovuto annotare ogni dato relativo alla documentazione con la quale il materiale era arrivato ed una serie infinita di altre informazioni, nonché il valore delle imposte doganali e dell’iva che quell’importazione avrebbe dovuto pagare nel caso non fosse stato riesportato sotto forma di prodotto finito. Di fatto una complicazione non da ridere se non ci fosse stato un supporto informatico all’altezza del problema da risolvere. Ma nel caso di Paolo, lui non aveva nemmeno la più pallida idea di come dovevano essere tenuti i documenti in Italia, figuriamoci come avrebbero dovuto essere organizzati i dati per poter avviare un’attività in conto lavorazione. C’era da creare molto di più di quello che aveva ipotizzato all’inizio e, purtroppo, non avrebbe avuto nessuno in Italia, che avrebbe potuto aiutarlo e rendere quel lavoro meno gravoso.
“Va bene scegliete i primi codici che volete produrre in Romania. Fatemi una lista in Excel dei materiali che li compongono, accurata vi prego comprendente il codice del materiale, la descrizione, la quantità necessaria per un singolo quadro elettrico e, se potete, a che categoria doganale fanno parte.” Avrebbe voluto avere quei dati già quel pomeriggio per poter iniziare a validare una sorta di micro database che aveva iniziato a scrivere. Ma ne aveva perso le speranze quando la figlia del Paolo, quella sveglia, gli chiese che cos’era un codice doganale.
“Sarà dura con questi trogloditi caro Giorgio, sarà dura.” Giorgio viveva al piano di sopra della villa di Gianmaria, a Padova, sin da quando aveva scoperto che sua moglie lo tradiva. Gianmaria era già passato da una situazione triste e difficile, data la separazione con Enrica, per cui, oltre a comprendere molto bene l’amico, aveva piacere di condividere con lui la sua casa per poter non passare da solo le lunghe giornate del dopo separazione. Si capivano benissimo ed avevano interessi comuni, oltre che amici in comune. Gianmaria e Giorgio organizzavano delle feste incredibili, specialmente il venerdì sera, dove invitavano una quantità inaudita di conoscenti e conoscenti dei conoscenti. Il risultato era che il loro giro si accresceva sempre di più di nuove conoscenze, molte, ovviamente femminili, attratte da quei due neo scapoli, decisamente interessanti.
Continua…