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03/05/2021

LE TRANSLUCIDE DINAMICHE DEI COLORI DI PREDA, CONQUISTANO IL “GRISELINI MASTER”

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La pandemia ha reso l’umanità come una tribù assisa in attesa del Giudizio Universale. In questo stato di indolente attesa, mercoledì 28 aprile, si è indetta la II edizione del premio Master Griselini e tagliato il nastro per i lavori di ripristino del cortile del Museo Nazionale di Arte offerti da Confindustria Romania e l’associazione culturale Fucina Italica Francesco Griselini. Posta la targhetta “ Corte Griselini” in questo ora accogliente spazio concordato col Museo per promuovere cultura dalla sorgente italiana, si è indetta la II edizione del premio Master Griselini. Un timido passo (anche simbolico), una speranza riposta in questo tempo maledetto, per riappropriarci della nostra vita, di quella realtà e quelle esperienze che ci sono consuete e perché la paura non prevalga ma possa trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire.
Seppur giovane, la quiddità, di questa eccellenza, è un gioco che oramai si conosce: mettere in luce quello che con una terminologia evocativa sono considerati i talenti. „Griselini Master” oltre a un aiuto materiale importante, vuole essere un punto di riferimento per riconoscere le giovani eccellenze nella sfera umanistica, un riconoscimento professionale e un incoraggiamento per continuare il percorso professionale. Il premio è stato consegnato al giovane artista Silviu Preda, dal Magnifico Rettore dell’Università de Vest, Marilen Pirtea.
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Le testate di moda, ci insegnano che ognuno ha i propri gusti e le proprie inclinazioni, che tutti possiamo scegliere cosa indossare e chi essere, che nell’espressione di sé le barriere e i divieti non esistono, ma tutto è versatile, malleabile.
Per comprendere lo spirito “carioca” che si cela dietro i lavori di Preda Pavel Silviu, bisogna calarsi nell’atmosfera degli anni ‘60 con la Trash culture Andy Warhol, negli eccessi stravaganti degli anni ’80 con la neo-pop Niclas Castello e dell’arte contemporanea, dell’“l’enfant terrible” Damien Hirst.
Con ritmo veloce che seduce, Preda viaggia su una linea sottile tra sense of humor garbato e una sensibilità poetica. Seguendo il flusso biologico dell’attrazione e del trasporto, Preda inventa, plasma, trasforma senza possibilità di controllo. Il suo “trash” è la proclamazione di una assoluta libertà di espressione. Raccolte in un ideale cassonetto “le cose peggiori prodotte dal mercato”, contro il pregiudizio estetico di bello/brutto, i suoi affreschi fotografici trovano la libertà anche laddove sembra esserci solo coercizione.

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Ispirate alle tendenze delle pubblicità commerciali del momento, le sue figure diventano un variopinto e colorato teatro in cui i soggetti rappresentati, sembrano recitare una parte che mescola realtà e finzione. Per necessità iconologica, i due sessi qui non sono divisi o contrapposti. Legate al gender e all’identità, mi viene in mente il tagliente stile innovativo degli anni ‘70 e ‘80 effigiati al meglio con i provocatori travestimenti di Grace Jones.
Come in una glabrescente mutazione, qui la mascolinità di Adamo nella separazione di Eva, si fa androgina. La sfacciata esibizione di colori e di gratificazioni narcisistiche, sottolinea il bisogno di libertà, lo sdoppiamento, l’esistenza di differenti identità e dell’alterità.

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Dal provocatorio segno stilistico dallo spirito “carioca” espresso attraverso l’assolutezza del colore, con i lavori in bianco-nero, Preda cerca di rinascere da un passato ingombrante e di circondarsi di immagini nuove, prive di angosce esistenziali. L’operazione che sta dietro al mondo figurativo atonale, è quella di raccontare il corpo, come centro di tutto il suo universo. Attraverso la sua venerazione per i corpi, i soggetti omoerotici (indifferentemente maschili o femminili), sono trasportati in un territorio squisitamente formale della classicità che ricordano in grande fotografo Robert Mapplethorpe e, snellite di un secolo, i suoi lavori in bianco-nero potrebbero ricondurci anche ai “ ragazzi di Von Gloeden”, il fotografo barone che con i suoi modelli scarsamente vestiti in stato sognante, con i quali affascinò personaggi come Oscar Wilde, Richard Strauss l’imperatore tedesco Guglielmo II.
La sua filosofia si può riassumere così: se ti piace, grazie. Se non ti piace, mi dispiace. Goditelo comunque.
Enrico Primo Cannata

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