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COVID19,Italiani,Pensieri politici

14/04/2020

Niente sarà più lo stesso. O no?

Crisi Economica

Crisi Economica

Soldi, tempo, affari, intrallazzi detti affari, opportunità e fregature, tutto, proprio tutto ha alla base i soldi, il denaro.

Soldi, che per quanto riguarda l’area Euro, sono stampati in barba alle leggi degli Stati che li usano, esistono solo in base a una convenzione, a volte difficile da comprendere, che determina che un mese di lavoro, qualunque esso sia, o un qualunque bene, anche quelli che ti possono salvare la vita, valgono un piccolo pezzo di carta stampata.

Tutto questo funziona da diversi anni, non ha importanza quanti, ma quello che importa è che tutti noi, non facciamo più caso al significato intrinseco del denaro e di cosa dovrebbe rappresentare, anche perché il suo valore, dato che è generato dal nulla, nelle forma attualmente usata, rende difficile mantenere l’etica del lavoro e del guadagno in se, perlomeno al livello che i  nostri padri ci hanno insegnato.

Tutto ma proprio tutto, ha ruotato attorno a questi assiomi che, lo voglio ripetere, hanno alla base un colossale e legittimato imbroglio.

Adesso il COVID-19, il mondo rallenta, quasi si ferma. L’economia, così come la conosciamo e alcuni di noi l’hanno studiata, non funziona più.

Stati che hanno fagocitato la linfa di altri stati in nome di un’unione che di unione ha solo il nome, adesso si confrontano con un paradosso che rischia di mettere tutto il sistema, così come lo conosciamo e lo abbiamo alimentato sino ad adesso, in ginocchio.

Si cerca di mantenere le forme, di forzare il forzabile al fine di mantenere la supremazia conquistata con regole farlocche e  truffaldine, approvate notte tempo con l’aiuto di politici corrotti interessati ai propri fardelli. Mantenerle sempre sulle spalle di chi, come sempre deve pagare il conto.

Ma c’è il COVID-19 e, questa volta non ci sono i soliti politici corrotti ad accettare la qualunque, probabilmente ricattati da dossier senza fine dedicati ai loro putridi malfatti. Questa volta, al timone, per lo meno dell’Italia, ci sono alcuni uomini degni di questo sostantivo, capaci di riconoscere la portata e l’importanza di un giuramento. Uomini che conoscono e capiscono il carico di responsabilità che grava, da macigno qual’è, sulle loro spalle e che ricorda loro che qualsiasi decisione, qualunque piccola decisione, impatterà incondizionatamente sulla vita di milioni di persone.

Quindi se qualcosa è cambiato, per lo meno da noi in Italia, è cambiato che il modo di vedere e gestire Res publica, almeno questo è diverso.

Non ho dubbi che molti, abituati a bere alla fonte del maltolto e dell’illecito, adesso, gridino allo scandalo, alla presa di posizione abusiva (quale?) del Governo e che tentino in tutti i modi di riappropriarsi di spazi che, in un mondo normale, non avrebbero mai potuto occupare. Ma se una giustizia esiste, ed esite, coloro i quali denigrano, coloro i quali insultano e mentono sapendo di mentire, saranno epurati senza pietà proprio da quelli che, stupidamente, li hanno osannati e che hanno permesso loro di appropriarsi di spazi che non avrebbero mai e poi mai potuto occupare.

I soldi, dicevo, se servono si stampano.

Si, genereranno inflazione, è vero, ma per quello ci sono degli strumenti per abbaterla, oppure sarà tutto diverso?

L’economia, così come la conosciamo è frutto di un principio basato sul consumo.

Chi consuma deve avere chi produce e chi produce lo fa perché qualcuno consumi. Non si produce esattamente quello che serve, dato che non si sa quello che serve esattamente, anzi, spesso, si creano dei prodotti prima che il mondo sappia di averne un bisogno disperato. Ma per quello c’è la pubblicità, ci sono i social media e chi più ne ha più ne metta.

Qui una piccola digressione basata sulle leggi Europee sull’austerità e sul patto di stabilità e parità di bilancio. Tutte manovre che chiedono più tasse e meno salari, che non permettono di capire chi e come possa acquistare quello che si produce, anche indebitandosi, cosa che ha rappresentato, molto probabilmente, la radice dell’idea. Riduciamo gli incassi salariali, aumentando le spese, in modo che il popolo sia costretto ad indebitarsi per poter soddisfare l’incessante avanzare di falsi bisogni creati da una società sempre più priva di valori essenziali.

Quindi il Covid-19 e il terrore di una morte terribile ci ha fermato. E con noi, il modello economico che conosciamo.

Peggio di una guerra.

Siamo sicuri che vogliamo tornare al modello di ieri?

Adesso che abbiamo un’opportunità di ripensare un modello che potrebbe affrancarci dalle famiglie di sempre dalle oligarchie di sempre, possiamo pensare, sperare di riuscire a trovare un altro modello?

E quale modello potremmo adottare?

Onestamente non lo so.

Mi piacerebbe fantasticare su come potrebbe essere un nuovo modello economico dove, probabilmente, il reddito universale possa essere un principio, una base interessante.

Uno Stato, capace, preso a modello tra quello che i Classici ci hanno insegnato ma modificato in base alle nostre conoscenze e le nostre nuove capacità cognitive, e impegnato allo sviluppo non del prodotto interno lordo bensì alla massificazione della felicità del popolo, gestito a turno da tutti i cittadini dello Stato, degli Stati del nuovo sistema, non eletti ma incaricati a rotazione a gestire la ‘Res publica’, ma solo dopo aver ricevuto una ferrea e obbligatoria istruzione di base che abbia inizio dall’età di tre anni.

Servizio politico obbligatorio. Servizio sanitario obbligatori, servizio sociale obbligatorio, diritto di vita obbligatorio, diritto di felicità obbligatorio.

Una sorta di felicitstatus una nuova dittatura, ma di tutti, senza vertici e senza segreterie. Dove il tutto viene votato per suffragio universale per il tramite dei sistemi informatici che abbiamo sviluppato.

Una sola condizione, niente più soldi.

Solo crediti di felicità.

Ma, se  i miei studi, le mie letture, hanno avuto un senso, tutto quello che potremo fare sarà cambiare tutto perché tutto rimanga, di fatto, immutato.

Gianluca Testa

 

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03/04/2020

Italiani di serie “C”

bandiera-italiana-astaNoi siamo un esercito di oltre cinque milioni di italiani che, con la loro inventiva, con il loro lavoro e, soprattutto il loro coraggio, hanno salvato decine se non centinaia di migliaia di aziende italiane.

Nell’occhio del ciclone dell’inizio della globalizzazione, moltissime aziende si sono, d’un tratto, trovate sull’orlo del fallimento. Prezzi impossibili con cui competere, a volte più bassi dello stesso costo di produzione, hanno messo in ginocchio aziende che avevano, ingenuamente creduto di avere una posizione dominante inattaccabile. Ma il mostro della globalizzazione ha scoperto i nervi e i dolori sono diventati insopportabili, spesso a tal punto da dover costringere le aziende a chiudere definitivamente.

Molte hanno iniziato a capire che la strada era cercare altrove. Mettersi alla ricerca di posti dove poter produrre e mantenere in vita il proprio patrimonio tecnologico e intellettuale ma mancavano completamente le competenze e le conoscenze di dove, come e soprattutto chi avrebbe potuto guidare una sì complessa e mai tentata operazione di delocalizzazione.

Alcuni, sbagliando clamorosamente, hanno pensato che bastava trasferire macchinari e un tecnico di provate capacità per risolvere il problema facilmente. Mai errore fu così fatale.

Serviva ben altro per poter affrontare quella nuova sfida.

Ecco che nuovi coraggiosi, capaci di credere in un sogno, si sono offerti quali possibili gestori del cambiamento. Moltissimi di questi nuovi sconosciuti sono riusciti nel loro intento e ci sono riusciti talmente bene che le società dalla crisi in cui si trovavano, in poco tempo, nel giro di qualche anno, hanno riconquistato, non solo le loro posizioni di mercato, ma sono riuscite a crescere nel nuovo mercato mondiale.

Tutto questo grazie a quegli uomini che hanno rischiato tutto e per tutto e che, grazie al loro coraggio, la loro inventiva e le loro inimmaginabili qualità di adattamento, sono riusciti a disegnare una strada che le aziende, spesso, ob torto collo, hanno seguito.

Adesso, benché approvi la maggior parte del suo operato, Luigi di Maio dichiara che “…gli italiani che hanno deciso di pagare le tasse all’estero, che sono iscritti all’AIRE, non possono pensare di tornare in Italia…”. Una dichiarazione che non riesco a comprendere e che, onestamente mi fa letteralmente incazzare. Moltissimi di quegli italiani, che secondo la Costituzione, la nostra Costituzione hanno gli stessi diritti che hanno tutti gli altri italiani, oggi si trovano in una situazione incredibilmente critica.

Le aziende che hanno fruttato il loro sapere, il loro coraggio, oggi, ben ristabilite nelle loro naturali posizioni di benessere, non hanno più bisogno di loro e li hanno scaricati. Molti di loro non hanno più nessun introito, vivono in appartamenti in affitto i cui proprietari non sono per nulla interessati ai loro problemi. Non possono tornare a casa, in Italia,  perché tutti i voli sono stati cancellati e altre vie non esistono. Com’è possibile dichiarare che non sono graditi?

Caro Luigi Di Maio, questa è stata, decisamente, una grossa cantonata che deve essere recuperata assolutamente. L’indotto creato da questi uomini è immenso, difficilissimo da quantificare, ma immenso. Un esempio per tutti? Il gruppo Geox, Stefanel, Marcegaglia, Zoppas…

I nostri AIRE sono Italiani con la “I” maiuscola e meritano rispetto e non solamente per un fattore economico, come sembra interessi solo a te in questo momento, ma soprattutto perché, la maggior parte di loro, tengono alto il buon nome dell’Italia, sempre.

Sono del parere che dovresti rivedere completamente questa posizione e preparare un piano d’urgenza per quei compatrioti che oggi si trovano in gravi difficoltà. Non puoi pensare che le reti consolari si possano sostituire allo Stato. E, poi, siamo seri, quali reti consolari? Quelle dei consoli onorifici? Uomini che per l’amore della bandiera, sovvenzionano completamente le attività che dovrebbero essere comunque garantite dallo Stato, spesso rispondendo a “superiori” che non hanno nemmeno un millesimo del senso di responsabilità e di onore che hanno i consoli onorari.

Urge rivedere queste dichiarazioni. Urgono azioni concrete per ridare a noi AIRE la dignita’ ed il rispetto che ci si deve.

 

Gianluca Testa